La demenza di Alzheimer si presenta principalmente negli adulti a partire dai 65 anni con declino cognitivo nella fase iniziale, disturbi del tono dell’umore e dolore cronico in comorbidità con altri fattori. Molto spesso vengono prescritte terapie farmacologiche che provocano diversi effetti collaterali, tra cui stato confusionale, aumento del rischio di cadute e dipendenza fisica e psicologica.
Quali potrebbero essere delle valide terapie non farmacologiche per la riabilitazione della demenza e del dolore cronico?
Per questo motivo si sta sempre più diffondendo l’utilizzo di terapie non farmacologiche e tra queste vi è la riabilitazione attraverso la musica. E’ stato infatti osservato che anche nelle fasi avanzate della malattia la capacità di percepire la musica, le emozioni e di riconoscere i brani familiari viene conservato. Per questo motivo molto spesso nelle persone affette da Alzheimer viene utilizzato l’intervento musicale per migliorare il funzionamento cognitivo, i disturbi del tono umore, i problemi comportamentali e la qualità della vita in generale. Si è visto, che anche negli anziani sani la stimolazione cognitiva attraverso la musica può essere un valido strumento per un invecchiamento sano in quanto aumenta il benessere emotivo e l’isolamento sociale.
In che modo la musica si può dimostrare efficace?
Rispetto agli effetti dell’uso della musica sul dolore cronico in pazienti con Alzheimer nelle fasi iniziali della malattia, è stato condotto uno studio nel 2017 da Pongan e collaboratori. Gli obiettivi di questa ricerca erano soprattutto focalizzati sul vedere gli effetti della musica a livello di ansia, depressione, qualità della vita, cognizione e autostima. L’intervento musicale utilizzato è stato quello del canto che si è visto intervenire a diversi livelli. Primo fra tutti, l’aumento della produzione di endorfine, che hanno un ruolo primario nell’inibire la percezione del dolore. Inoltre, è stato osservato che questo porta dei miglioramenti a livello delle funzioni cognitive, in quanto vengono attivati la memoria a breve termine, la corteccia prefrontale e il controllo della pianificazione a lungo termine degli errori.
Nello specifico lo studio seleziona 54 ultrasessantenni con problemi cognitivi che poi vengono divisi in due gruppi: l’uno che viene sottoposto ad attività inerenti al canto, l’altro di controllo in attività inerenti alla pittura. Entrambi, infatti, sono attività artistiche e di svago, che possono essere eseguite in gruppo e che prevedono un progetto finale.
Prima di iniziare la ricerca tutti i soggetti sono stati sottoposti ad una valutazione che delinea la diagnosi e la fase di Alzheimer, il livello di dolore cronico, lo stile di vita, i fattori demografici, la propensione artistica e musicale, il livello di autostima e le componenti neuropsicologiche.
Per quanto riguarda le attività musicali i compiti da eseguire erano il riscaldamento della voce e l’apprendimento di quattro brani musicali, mentre l’intervento di tipo artistico consisteva nel vedere dipinti famosi, creazione di quadri ed esposizione di opere realizzate.
I risultati di questo studio hanno dimostrato che i pazienti sottoposti all’uso del canto e della pittura hanno avuto un miglioramento significativo per quanto riguarda il dolore, i disturbi del tono dell’umore, la qualità della vita e l’autostima. Quello che è interessate, però, è che nelle persone affette da Alzheimer l’uso del canto ha fatto si che vi fossero dei risultati positivi soprattutto nell’ambito della memoria episodica. Questo è dovuto al fatto che la memorizzazione dei testi insieme alla musica sono in grado di stimolare le reti neurali coinvolte nella memorizzazione verbale.